sabato 9 luglio 2011

Tornare a Genova 10 anni dopo. Tornare a Genova oggi.



Tornare a Genova a dieci anni da quel grande movimento che, nel luglio 2001, riempiva le strade di una città militarizzata per costruire un altro mondo possibile, per noi non significa, semplicemente, celebrare o commemorare quei giorni.
Giorni che hanno cambiato tutti noi, che alcuni di noi hanno costruito e vissuto intensamente, che per altri sono stati un rito di passaggio verso l'età adulta, per i più giovani racconti che li hanno avvicinati alla politica e alla militanza, giorni attorno ai quali è ancora necessario venga fatta giustizia.
Giustizia per Carlo, giustizia per le migliaia di persone massacrate nelle strade e per la mattanza della Diaz, giustizia per le torture di Bolzaneto.
Mentre ad oggi i torturatori sono stati tutti promossi ed alcuni manifestanti, veri e propri capri espiatori, rischiano 15 anni di carcere.
Di questo certo non ci possiamo scordare.

Ma tornare a Genova oggi significa attualizzare quella grande richiesta di cambiamento politico, sociale, economico, che centinaia di migliaia di persone portarono in piazza accerchiando la zona rossa.
Perché, dopo dieci anni di peggioramento delle condizioni sociali a livello globale, possiamo dire che avevamo ragione noi, che questo modello di sviluppo non è sostenibile, che un altro mondo possibile è necessario: ce lo dimostra la grande crisi economica iniziata nel 2008 e non ancora superata, che rivela la sua natura strutturale e la fragilità del capitalismo finanziario.
Se dieci anni fa scendevamo nelle piazze per gridare che non potevano essere “8 grandi” a decidere del destino di miliardi di persone, oggi diciamo che non possono essere un pugno di banchieri e finanzieri a determinare il futuro di tutti noi.

Lo dimostra la stagione di lotte che ha caratterizzato gli’ultimi anni, i milioni di persone che a Genova come nel resto del mondo si oppongono a questo modello di sviluppo fatto di precarietà, diritti negati, devastazione ambientale e privatizzazioni.
 Il movimento in difesa dell'istruzione pubblica che ormai da tre anni riempie le piazze di tutte le città di questo paese; il movimento degli operai metalmeccanici indisponibili ai ricatti di Marchionne e Confindustria; le battaglie dei precari per conquistare diritti e dignità;  le lotte in difesa dei beni comuni e dell'ambiente - dalla Val di Susa a Messina, da Vicenza a Chiaiano, dall’acqua pubblica al nucleare; le battaglie per nuovi diritti di cittadinanza, l'accoglienza degna e la libertà di movimento…  e poi le rivoluzioni del Magreb, lo sciopero ad oltranza in Francia, gli studenti di Londra, la Grecia, gli Indignados in Spagna… Fino ad arrivare alle mobilitazioni nostrane contro gli inceneritori di rifiuti, la gronda e altri progetti dal devastante impatto socio-ambientale
 E’ poi storia di questi giorni la grande vittoria dei referendum e la lotta della val di Susa contro la TAV, tappe fondamentali per fermare le devastazioni e le privatizzazioni e sottrarre al business i beni comuni - dall’acqua, ai trasporti, al territorio - e restituirli a una gestione diretta e partecipata dalle comunità.

Tornare a Genova oggi significa per noi rivolgersi a queste battaglie, portare in piazza questa richiesta di cambiamento radicale, significa unire le diverse lotte per sconfiggere la crisi dal basso, significa incontrarsi e guardarsi negli occhi per riconoscersi come una moltitudine portatrice di un'alternativa reale, significa portare in strada un movimento di opposizione concreta che voglia costruire una nuova società basata su un altro welfare non assistenzialista e sulla garanzia del reddito svincolato dalla prestazione lavorativa, su nuovi diritti di cittadinanza e maggiori garanzie contro la precarietà, sulla difesa del comune materiale e immateriale, dall'acqua al sapere, dal lavoro all'ambiente, significa gridare ancora una volta che noi la crisi non la paghiamo.

Per questa ragione saremo in piazza, nei giorni di luglio, a discutere e manifestare assieme ai movimenti che hanno animato questa stagione di lotte: dagli studenti alla FIOM, dai precari ai comitati in difesa di beni comuni e territorio, dai migranti a chi lotta quotidianamente contro il razzismo.
 Non si tratta, per noi che subiamo oggi come ieri gli effetti perversi della finanza, il malgoverno strutturale delle istituzioni e la repressione poliziesca del dissenso, di celebrare il triste anniversario delle vittime.
Tornando in strada, a Genova, il 23 luglio 2011, non vogliamo respirare l'incenso laico di un requiem sbiadito, ma siamo anche coscienti che le fiamme della rivolta non servono a nulla, se restano pura estetica, senza tramutarsi in costruzione politica.
Vogliamo scendere in strada perché, dopo dieci anni, non è il caso di piangere i mali del potere, né di sperare in poteri buoni, ma è necessario trasformare l'esistente, con la nostra forza, con le nostre lotte.

Pensiamo che il luglio genovese renderà veramente omaggio a ciò che accadde 10 anni fa se riuscirà ad essere una tappa del percorso di unione di battaglie differenti verso un progetto di cambiamento radicale della realtà che ci circonda e verso un autunno di lotta comune ancora più intenso di quello appena passato.

Il 22 luglio Uniti Contro La Crisi organizzerà a Genova la propria assemblea nazionale, e il 23 luglio si unirà ai movimenti e reti sociali che attraverseranno il ponente cittadino, per ripercorrere i luoghi della precarietà e del consumo, delle fabbriche in dismissione, del degrado ambientale, ma anche gli spazi dell’anima portuale della città, della produzione sociale, dell’incontro tra culture, della costruzione di nuove comunità. 

 Invitiamo studenti, migranti, chi lotta per il diritto alla casa e contro le speculazioni nei territori, coloro che vivono lo sfruttamento delle vecchie e nuove forme del lavoro, le realtà che si mobilitano a difesa dei diritti umani e contro la guerra, i comitati e i cittadini a difesa dei beni comuni, a partecipare alle varie assemblee ed iniziative di UNITI CONTRO LA CRISI, per condividere contenuti e forme di espressione della nostra presenza nelle giornate dal 20 al 23 luglio. Per affrontare in maniera consapevole e condivisa il nostro “ritorno a Genova”, per lo spirito che produsse le giornate del luglio 2001, per le lotte che oggi ci attendono.

UNITI CONTRO LA CRISI - Genova

domenica 3 luglio 2011

UNA GIORNATA EPICA!

'La Valle che resiste e che non si arrende' aveva promesso una giornata d'assedio. E così è stato! L'assedio dei cantieri della Maddalena è stato lungo e combattuto, giocato contemporaneamente su 3 fronti. Una straordinaria giornata di conflitto, l'ennesima dimostrazione della potenza di un movimento che irriducibilmente prosegue lungo la strada di una lotta intrapresa vent'anni fa. Incontrando sulla sua lunga strada sempre più amici e compagni.
Hanno voglia i Tg e i siti dei quotidiani mainstream a parlare di infiltrazioni internazionali di Black Block. C'era solo il composito popolo notav e dei beni comuni, accompagnato da un buon innesto di precariato metropolitano stanco di aver paura e consapevole della partita che si sta giocando a queste altezze.
Ha ragione invece Beppe Grillo che, anche se arrivato in ritardo, ha subito azzeccato il clima e la temperatura del momento. "In Val Susa sono tutti eroi!" ha detto. E ha colto nel segno! Tra una pioggia di lacrimogeni e la compagnia di madame NoTav scherzava sui lacrimogeni Cs (che teneva in mano) come antidoto ai ...limoni.
La giornata è stata lunghissima. Un lungo assedio, come si diceva. Uomini, donne, anziani e bambini. Un trasversalità sociale da fare invidia a qualunque partito o associazionismo vario. Pezzi di popolo senza rappresentanza ma consci della posta in gioco che ci si contende in alta valle. Operai, studenti, pensionati, giornalisti freelance che parteggiamo per i notav...
Specialisti nel neutralizzare i lacrimogeni e signore che rifocillano gli intossicati. Hanno voglia a parlare di buoni e cattivi. Oggi sulle pendici della Maddalena c'era un solo popolo che faceva prove d'insorgenza. Perché il Tav è oggi in Italia il condensato concreto di cosa significa scaricare la crisi e il debito sulle tasche (e la vita) della gente.
La digos potrà ora fare i suoi calcoli, lavorare sugli ingrandimenti o insinuare minacce. Tipico di guarda il dito invece che la luna. Ma tutto questo non cambia il senso e la storia di una giornata epica!
L'avevamo scritto nei giorni scorsi. In Italia, oggi, la primavera passa dalla Val Susa o non sarà. E nei tre cortei d'indignazione se n'è vista davvero tanta. Composita, differente, variegata ma intrisa di rabbia e disgusto per un presente statuale che trova normale occupare un territorio bellissimo per realizzare un mega-mostro senza fine né utilità, gasare migliaia di persone per difendere una recinzione e spendere un mucchio di soldi per garantirne l'esecuzione.
Il popolo No Tav oggi ha dimostrato di poter assediare per ore un territorio che difficilmente potrà essere difeso da 'loro' per 25 anni.
Chi è che la spunterà? Noi crediamo di saperlo !
A sarà dùra... per voi!
Redazione Infoaut from the battleground


mercoledì 15 giugno 2011

Apocalittici e indignati

La vittoria dei referendum, è anche la vittoria di Carlo Giuliani. Quest'anno sono dieci anni da Genova; non si celebra. Si fa Memoria.

La politica della società corre sempre più in fretta della società della politica

13 giugno 2011. Passaggio storico. Storico. E allora, nel pieno di questo alieno clima di meritata euforia, concediamoci di parafrasare un Umberto Eco d'annata. E ancora, di passaggio, per il "centrodestra" questi 4 SI ripetuti milioni di volte sono una dannata eco.
Voglio però parlare d'altro, che poi tanto altro non è.
La vittoria dei referendum, è anche la vittoria di Carlo Giuliani. Quest'anno sono dieci anni da Genova; non si celebra. Si fa Memoria. Quella mattanza di regime, l'On. Fini in cabina di regia, aveva l'obiettivo di demonizzare/demolire l'unica istanza di democrazia possibile. Quella dal basso, senza deleghe e senza rappresentatività. Se non quella della propria autodeterminazione. Infatti, i partiti politici del "centrosinistra" accorsero tardivamente, a recinti spalancati e buoi in fuga. La politica della società corre sempre più in fretta della società della politica. Una propone, l'altra dispone. Seattle prima, Genova poi, stavano iniziando la semina di un pensare a venire; stavano dimostrando di quanto sia davvero unico il pensiero di fronte al pensiero unico. L'arrembaggio dei movimenti si sarebbe dovuto scontrare però con la ottusità della reazione e con quella mortifera dei manganelli di ultima generazione. E delle pallottole. Il pianeta arrivava allora all'auge del mercato, tutto si sarebbe convertito in merce e la merce avrebbe governato il tutto. Il trionfo dei cosiddetti accordi commerciali rimpinguava le banche della avenue mentre stritolava le popolazioni delle banlieu. Il mondo scopriva la finanza, la finanza denudava il mondo. Questo potere impalpabile che si era impossessato delle aule parlamentari governava senza mandato, regnava senza pronunciare parola mentre le voci ribelli di milioni e milioni di persone scontavano l'afonia della partecipazione. Ma di lì a poco il protagonismo degli eterni esclusi avrebbe preso il sopravvento: coscienza, conoscenza, organizzazione. Al di fuori degli eterni protagonisti che recitano una sceneggiatura senza mai un happy end.
La scalata al quorum di qualche giorno fa parte proprio da quelle funeste giornate genovesi, il germe del cambiamento prende vita da quelle profonde analisi e dal j'accuse galattico indirizzato ai potenti della terra ed ai loro servili comprimari. Forse inconsapevolmente, ma determinatamente in fieri, quel movimento così eterogeneo contestava la "globalizzazione" ma già parlava di Beni Comuni. Le risorse della terra non stanno sul mercato. Così come il sangue versato perché il mercimonio non avvenisse, in nome di nessun finto progresso. La Memoria è un bene comune.
Il successo dei referendum ha sancito dei punti di non ritorno, quelli strettamente relativi ai quesiti, ma ha anche significato una inequivocabile vittoria politica. Nel senso più alto e nobile del termine. Ha messo all'angolo un governo agonizzante, ma prima di tutto xenofobo, guerrafondaio, intollerante, osceno, usuraio, retrogrado, affamatore, bizantino. Il tutto rappresentato al meglio dal suo più alto rappresentante. Il berlusconismo è quanto mai pericoloso perché sopravvive al suo "insigne" creatore, e per quanto si faccia fatica ad ammetterlo ha rappresentato, nel momento di sua massima espansione che comunque stiamo ancora vivendo, una novità culturale da cui non si può prescindere. In senso gramsciano, si passi l'espressione, ha esercitato una egemonia, rozza e medievale quanto si vuole, che forse solo ora si comincia a scalfire. La fibra menzognera di cui si è nutrito il tessuto sociale italiano negli ultimi anni ha generato un monstre che coniuga televisione e sfruttamento, capitale e decadenza, salò e modernismo. La sberla è quindi diretta ad un modello culturale vincente che di vincente ha solo il culto della sopraffazione, mentre la battaglia referendaria ha reso evidente quanto ancora sia vivente il senso di solidarietà. Un referendum di resistenza. Un referendum di liberazione. Dal cappio di un liberismo sfrenato e disumano, ma anche dalle briglie di una opposizione inesistente, asservita e spesso complice delle criminali politiche governative. Ma ancor più incapace di leggere ed interpretare un alfabeto sociale che dagli inferi della precarietà e della esclusione riesce invece ad autorganizzarsi e tramutarsi in soggetto vitale. Di reale cambiamento. Di reale denuncia. Di reale alternativa. Le arrampicate sul carro del vincitore dimostrano una volta di più lo scollamento tra politicheria e bisogni concreti, una patetica autorappresentazione di "vicinanza" alla cittadinanza nel momento in cui ventisette milioni di persone decidono di riappropriarsi del diritto di decidere. Sono queste le vere "primarie".
Questo scenario ripropone un meccanismo di mutuo sostentamento del tutto disinteressato alle istanze che provengono dal cuore di una società; e la battaglia sull'acqua, soprattutto, ne rappresenta le vene e le arterie. I comitati che quasi dal nulla, e nel nulla della informazione da prima serata si sono costituiti, segnano un punto epocale a favore della partecipazione. Spesso si dimentica l'importanza del linguaggio, in questa (lunga, lunghissima) stagione in cui segni parole e meta-significati hanno un valore imprescindibile. Alla vacuità del messaggio pubblicitario - inteso in tutta la sua capacità di applicazione, "politica" in primis - che ha sacrificato il bisogno per il desiderio, si contrappone la ricchezza delle parole: Bene Comune è entrato di prepotenza nel forziere del nostro dizionario.
Da troppi anni assistiamo al posticcio annuncio della genesi di una nuova politica, di una nuova società, di una nuova giustizia, di una nuova economia, di una nuova libertà.  In realtà non si fa altro che alimentare l'apocalisse del pensiero. Alla libera fonte della indignazione si abbeverano invece le idee giuste.
Fuori gli apocalittici, largo agli indignati.


sabato 11 giugno 2011

METTIAMO SABBIA NEGLI INGRANAGGI DI CONFINDUSTRIA!


S. MARGHERITA 11.6.11:
METTIAMO SABBIA NEGLI INGRANAGGI DI CONFINDUSTRIA!

Ormai da anni la crisi avanza diventando sempre più complessa e rivelando la sua natura strutturale.

 La precarietà del lavoro e del reddito, la difficoltà di raggiungere fine mese, l’impossibilità di fare progetti per il proprio futuro, non riguardano più solo i giovani assunti con contratti “atipici”, ma stanno investendo con forza anche il lavoro operaio nelle grandi imprese.

 Quello che sta accadendo alla FIAT, alla FINCANTIERI ed in molte altre fabbriche non può più essere letto come un caso isolato o una necessità straordinaria, ma si mostra come una chiara strategia generale che investe tutto il mondo del lavoro.

 Da un lato i licenziamenti di massa minacciati in Fincantieri, i ricatti di Marchionne, le migliaia di lavoratori in cassa integrazione da anni, dall’altro la creazione di contratti di lavoro “atipici”, che garantiscono sempre meno anche i diritti fondamentali, che permettono uno sfruttamento simile alla schiavitù, che non danno neppure più la prospettiva o la speranza di un lavoro stabile.

 Oggi è chiaro: siamo tutti precari, siamo tutti senza garanzie per il futuro, tanto che 1 italiano su 4 è a rischio povertà.

 L’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’assalto della finanza a beni e servizi che dovrebbero essere e restare comuni: l’acqua, l’ambiente, i trasporti pubblici, la scuola, le università.

 Un assalto violento, che utilizza e sfrutta la crisi come un ariete per sfondare principi che noi ed i nostri padri abbiamo posto a tutela di diritti ritenuti inviolabili: l’accesso ai beni essenziali, la salute, l’istruzione, la tutela del territorio.

 Dalle fabbriche alle scuole, dalle piazze di Londra a quelle di Madrid la risposta a questo attacco generalizzato ai diritti di tutti ha nomi precisi: la rivendicazione del diritto ad un REDDITO e ad un FUTURO, la difesa dei TERRITORI e dei BENI COMUNI!

 Chi lotta per difendere il lavoro (e i suoi diritti) e chi si oppone alle speculazioni e alle violenze sull’ambiente, chi difende la scuola pubblica e chi si mobilita sui referendum fa parte di un movimento collettivo che parte dal lavoro ma parla subito di diritti, di beni comuni intesi come risorse da difendere e valorizzare e non merci da mettere a profitto.

 I giovani di CONFINDUSTRIA si riuniranno in congresso nazionale nella bolla dorata di Santa Margherita Ligure il 10 e 11 giugno.

 Sabato 11 giugno saremo a Santa Margherita per aprire uno spazio politico di opposizione reale, dal basso, che dia visibilità ad un altro paese fatto da chi quotidianamente si organizza e resiste ai piani criminali di CONFINDUSTRIA.

 Sabato 11 daremo voce al paese che resiste e che non si arrende partendo da una spiaggia liberata, trasformata per un pomeriggio in luogo di confronto, di dibattito, di condivisione di esperienze, di lotta.

 Confindustria è abituata a decidere della vita di milioni di persone nel silenzio dei palazzi o dei grandi alberghi… portiamo a S. Margherita tutto il rumore di un paese in lotta.
11 GIUGNO ore 15.00
Giardini pubblici
S. Margherita Ligure


venerdì 6 maggio 2011

6 MAGGIO 2011: LA GENERALIZZAZIONE DELLE LOTTE FA PAURA

Il 6 maggio un corteo di migliaia di precari, disoccupati e studenti ha attraversato la città in occasione dello sciopero generale.

Il nostro obiettivo era di generalizzare questa giornata di mobilitazione: far emergere i volti, la determinazione e la rabbia di migliaia di lavoratori, precari, studenti, disoccupati, migranti, bloccando un paese che sta trasformando il lavoro in schiavitù.

Abbiamo deciso di bloccare le più importanti vie di comunicazione cittadina perché pensiamo che uno sciopero generale debba colpire anche la mobilità e l’ordinaria routine del paese (come è accaduto in Francia dove l’attacco alle pensioni è stato osteggiato con il blocco dell’intero paese per giorni e giorni) e non possa fermarsi ad una passeggiata di due ore.

Eravamo in piazza con la determinazione di chi si vede negato il futuro, di chi è costretto a vivere in una situazione di costante precarietà e di chi non si arrende al silenzio e all’impotenza.

Arrivati in piazza De Ferrari abbiamo quindi deciso che la nostra giornata di lotta non poteva finire lì, abbiamo invitato tutti e tutte a proseguire con noi la manifestazione e insieme a migliaia di persone determinate ad andare oltre, abbiamo imboccato la sopraelevata, bloccando il traffico in entrambi i sensi.

Alla fine di questo corteo multiforme, compatto e svoltosi senza tensioni siamo giunti alla stazione Principe, dove abbiamo tentato di bloccare un ulteriore nodo della mobilità cittadina.

Ad un ingresso laterale quando ormai molti erano entrati per andare verso i binari, il corteo è stato caricato da più lati con una violenza assolutamente ingiustificata, come da molti anni non si vedeva nella nostra città.

Sono stati aggrediti fra gli altri giovanissimi studenti medi, molte ragazze, fotografi, giornalisti, persone buttate a terra e calpestate.

Il bilancio è di decine di feriti, quasi tutti studenti minorenni, alcuni ricoverati in ospedale.

Dalle ferite riportate è evidente che il bersaglio preferito dalle forze dell’ordine siano le teste e i visi dei/delle manifestanti.

Il comportamento violento delle forze dell’ordine non è passato inosservato da parte dei cittadini: gli impiegati delle poste di Piazza Acquaverde ed altri passanti sono usciti in strada per manifestare la loro solidarietà al corteo e il loro sdegno verso le pratiche della polizia. In ogni caso abbiamo testimonianze, filmati, fotografie, che presto pubblicheremo.

Chiediamo a tutti/e di prendere posizione rispetto a queste pratiche di repressione violenta perché rappresentano un attacco alla libertà di tutti/e.



Questa aggressione al corteo non solo non fermerà le nostre mobilitazioni future, ma soprattutto non toglie nulla all’importanza ed al successo di questa grande giornata di mobilitazione.



Oggi migliaia di persone hanno deciso di riempire di significato ulteriore la parola “sciopero generale”: come accade da mesi nelle piazze, nelle scuole e nelle fabbriche di tutta Italia, anche oggi moltissimi hanno scelto di manifestare con radicalità e determinazione, per rivendicare un futuro differente.



Il movimento genovese. 


sabato 16 aprile 2011

LA DIGNITÀ NON HA CONFINI

TRENI DELLA DIGNITÀ
17 APRILE 2011
GENOVA  >>  VENTIMIGLIA  >>  MARSIGLIA




BENVENUTI  –  WELCOME  –  BIENVENUS
INDIETRO NON SI TORNA!

 LA DIGNITÀ NON HA CONFINI

Il vento di libertà che scuote il Nord Africa sta spingendo migliaia di persone - tunisini e libici, ma anche somali, eritrei, sudanesi e migranti in fuga dalla fame e dalle tante guerre dimenticate dell’Africa - a scegliere la migrazione come espressione della propria autodeterminazione.
Dopo aver rischiato la vita, con centinaia di persone che la hanno già persa tragicamente per attraversare il Mediterraneo, queste donne e questi uomini incontrano i muri della Fortezza Europa: respingimenti in mare, rimpatri di massa e confino sono l’accoglienza che l’Europa sta riservando a chi, fino a ieri, era salutato come paladino della libertà, e viene oggi privato di ogni diritto.
Coloro che riescono a oltrepassare la frontiera esterna dell’UE, superando la prigione a cielo aperto dell’isola di Lampedusa e fuggendo dai centri di detenzione nei quali il governo italiano prova a rinchiuderli, trovano ancora la barriera dei confini interni dell’Unione, aperti al mercato delle merci ma chiusi per chi cerca un futuro migliore. A Ventimiglia centinaia di persone sono ferme da giorni, alla ricerca di un passaggio che consenta loro di aggirare i controlli che impediscono l’accesso in Francia e negli altri paesi d’Europa.
Le parole d’ordine che le rivolte in Maghreb e Mashrek hanno assunto – la democrazia, la libertà e la giustizia – e la bandiera che inalberano – la dignità dell’essere umano – rappresentano aspirazioni di portata universale, e non possono essere riservate ad una ristretta cerchia di persone, per di più in modo precario. La dignità, che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo considera “inerente a tutti i membri della famiglia umana” e “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”, è un diritto inviolabile condiviso dall’intera umanità, e non può avere una delimitazione territoriale.
Le donne e gli uomini che giorno dopo giorno percorrono il cammino della propria dignità hanno il diritto di muoversi senza confini. Un’accoglienza dignitosa e il riconoscimento della libertà di circolazione sono misure doverose sia da parte dell’Italia che della Francia, che nel passato come nel presente hanno sottratto risorse ai popoli libico e tunisino e hanno sostenuto chi li soggiogava.
I permessi di soggiorno invocati dai movimenti e che il 15 aprile inizieranno ad essere consegnati dal governo italiano, rischiano di divenire carta straccia dinanzi ai blocchi del governo francese, deciso a riconoscerli solo a strette condizioni. I governi trovano facilmente l’accordo per attuare una criminale politica di respingimenti in mare, ma si beffano dei diritti umani fondamentali dei migranti. 
Se i governi nazionali accampano ipocrite distinzioni tra profughi e migranti irregolari o criteri basati sul momento di arrivo sul suolo europeo per negare a queste donne e questi uomini la necessaria protezione umanitaria, occorre intrecciare dal basso ponti di cooperazione per difendere i loro diritti.
Facciamo appello a tutti i cittadini – italiani e francesi – a sostenere e partecipare a una serie di iniziative congiunte per la libertà di circolazione e contro ogni respingimento e rimpatrio: i “Treni della dignità”, che nelle prossime settimane accompagneranno e proteggeranno l’attraversamento della frontiera da parte dei migranti, con l’assistenza di attivisti dei diritti umani, avvocati e media-attivisti.
Il primo “Treno della dignità” partirà da Genova il 17 aprile, con appuntamento alle h. 8 alla staz. Principe, per raggiungere Ventimiglia e da lì proseguire fino a Marsiglia, dove i migranti saranno accolti da una città in festa. Italiani, francesi e migranti sfideranno insieme i blocchi dei governi, per riaprire le frontiere, garantire il libero accesso al territorio europeo e ribadire che nessun uomo è illegale.

LIBERTÀ DI MOVIMENTO E DIRITTO D’ASILO PER TUTTI

UNITI PER LA DIGNITÀ - UNIS POUR LA DIGNITÉ

venerdì 8 aprile 2011

STOP A SGOMBRI E PIGNORAMENTI- PIGNORIAMOLI!!!








L’azione di oggi è una  simulazione di pignoramento, ma non sono simulazioni le decine di sgomberi che ogni anno privano cittadini in difficoltà di un loro diritto primario: la casa.
La riscossione crediti, che sia eseguita da Equitalia o da altri, rappresenta un ottimo affare per gli squali che fanno della crisi il loro habitat ideale.
Effettuiamo oggi questa simulazione di sgombero per regalare all’assessore Miceli la possibilità di immedesimarsi, anche se per poco, nei panni di chi vede portarsi via “in nome della legge” la casa, mentre nessuna “giustizia” tocca gli interessi di chi questa crisi ha creato e su cui tuttora specula.
“NOI (comune) NON POSSIAMO FARCI NULLA” è una risposta che non possiamo accettare:
ESIGIAMO LA SOSPENSIONE E L’ANNULLAMENTO DEI CREDITI, DI COMPETENZA DEL COMUNE, PER TUTTI I REDDITI INFERIORI A 30000 EURO ANNUI

Invitiamo tutti coloro si trovino sotto sgombero  a contattarci al blog www.uniticontrolacrisi-genova.blogspot.com o alla mail uniticontrolacrisigenova@gmail.com per organizzare una resistenza attiva contro chi ci vuole soli di fronte alla crisi e ai suoi squali.

TUTTI UNITI CONTRO LA CRISI!

Qui trovate l'intervista di radio babboleo all'assessore miceli:
http://www.babboleo.it/babboleo-news/24-ore-di-notizie/6082-equitalia-blitz-dei-disobbedienti-a-tursi-1

p.s. non e' stata un azione dei disobbediendi e miceli non l'ha presa cosi' bene come vuole lasciar intendere